Il non Social CRM

Ho scritto per la prima volta di Social CRM in tempi non sospetti più di un anno fa, continuando a parlarne nei mesi scorsi tramite altri 26 pezzi finalizzati ad inquadrare le implicazioni sui processi, i benefici economici e le metriche, le best practice, il rapporto tra Social CRM ed Enterprise 2.0, alcune storie di successo, potenziali modelli di maturità organizzativa verso un più lungimirante approccio di Social Business.

In questo lasso di tempo, siamo entrati nel pieno dell’hype. Un pò tutti hanno iniziato a parlare di Social CRM, spesso come semplice sinonimo di social media marketing, guardando più alla parte Social che a quella CRM, tenendo ancora meno a mente il focus di business + engagement, vero contributo originale del fenomeno. Lo stesso sembrano aver fatto per semplicità molte aziende.

Il risultato? Come lo definisce il bravo Mitch Lieberman ora VP Marketing in Sword Ciboodle (che potreste ascoltare anche al Social Business Forum 2011) un grande perception gap: da una parte quello che le aziende sognano di fare con il social, dall’altra quello a cui i clienti sono veramente interessati (o meglio disinteressati):

Il grafico di sopra è preso dalla prima puntata del nuovo studio sul Social CRM di IBM. Leggetelo innanzitutto perché i signori di IBM hanno fatto i compiti a casa reperendo informazioni di prima mano tramite più di 1000 survey ai consumatori e 350 interviste alle aziende migliaia. In seconda istanza leggetelo per il fatto che i messaggi che ne vengono fuori mettono platealmente a nudo il modo in cui molte aziende stanno interpretando i social media: quello ancora una volta inside-out, ovvero quello sbagliato!

Alcuni estratti:

  • Interagire non è scontato. Anche se circa l’80% dei consumatori (con qualche differenza in base all’età) ha almeno un profilo nei social media, solo il 5% di loro mostra un comportamento attivo lanciando conversazioni o commentando quelle dei propri contatti. Un considerevole 75% interagisce in modo decisamente meno sistematico rappresentando la grande sfida (ed opportunità) per i brand.
  • Social media più per gli amici che per le aziende. Più del 70% dei consumatori vede nei social media un mezzo per entrare in contatto con le persone che conoscono, non con le aziende (scelte solo dal 23%)
  • Gli utenti interagiscono solo se c’è fiducia. Se addirittura un 55% dichiara di non volere alcun contatto con le aziende tramite i network sociali, non solo per ragioni di privacy e spam, ma anche per un banale disinteresse nel farlo (33%), la maggioranza (66% di coloro che hanno scambi con i brand) vuole vedere manifestazioni di trasparenza ed onestà prima di decidersi ad interagire
  • I clienti cercano una relazione per ottenere valore, non vicinanza al brand. Come mostrato nel diagramma di sopra, ciò che gli utenti si attendono dal marchio nei social media è un vantaggio molto tangibile in termini di offerte, possibilità di acquisto, informazioni utili ad orientarsi. Insomma un’ottica di servizio. Il sentirsi parte di una community o più vicini al brand vengono davvero in fondo, all’opposto di quanto le aziende si ostinino a credere
  • Advocacy, passione e risvolti economici. Mentre le aziende sono convinte di poter migliorare il passaparola, solo il 38% dei clienti è d’accordo. In compenso, per più del 60% di questi ultimi, l’engagement con il brand è possibile solo se esiste una passione a monte da parte del cliente. Infine meno della metà dei partecipanti all’indagine è convinto che l’engagement si traduca poi effettivamente in un acquisto.

Cosa dimostra lo studio?

Dimostra che bisogna smetterla di fare chiacchiere, riempiendosi la bocca delle solite buzzword ed iniziare invece a guardare la realtà per quello che è: per essere un social business, bisogna volere e riuscire a considerare il mondo, clienti e dipendenti per primi, all’opposto di quanto fatto finora.

Se non ne siete capaci o non volete farlo, lasciate perdere i social media (chiaramente senza aspettarvi che anche il vostro pubblico faccia altrettanto), invece di buttare soldi su ulteriori canali, per quanto sociali, dove sparare quegli stessi messaggi che non interessano più a nessuno via mail.

Il Social CRM, non è tanto nel social, quanto nel loop di ascolto, interazione e miglioramento continuo che trasforma le conversazioni nei social media in un’occasione senza precedenti per avvicinarsi alle persone, comprenderne sinceramente ed umilmente i bisogni (che non sono in genere quelli che l’azienda è così sicura di conoscere..) e mettersi a disposizione per fornire un servizio più piacevole, conveniente ed utile. Senza un chiaro percorso di evoluzione di mindset, processi, cultura e strumenti, stiamo parlando ancora e solamente di social media marketing!

Per concludere, non canali nuovi o una nuova comunicazione, ma un modo diverso di fare business al cui centro ci siano le persone.

Emanuele Quintarelli

Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator

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