Anche in Italia, continua a crescere la mole di conversazioni su Social Business e Social CRM.
In passato ho provato più volte a sottolineare le profonde differenze concettuali tra i social media (su cui la maggior parte delle aziende è al momento impegnata) ed il diventare un Social Business:
- Tra Social e Business per una foto ad alta velocità della crescente maturità delle organizzazioni nell’impiego delle nuove modalità di engagement (e non solo di comunicazione)
- Il non Social CRM per rimarcare il gap ancora evidente tra l’uso che le aziende intendono fare del social e le aspettative del cliente
- Comunicare social o essere social sulla distanza presente tra un utilizzo in modalità più o meno broadcast di social network e canali 2.0 ed una reale capacità di stimolare, raccogliere e fare tesoro degli scambi e dei segnali intercettati in questi ambienti
In estrema sintesi il succo di questi post era riassumibile così:
Il Social CRM, non è tanto nel social, quanto nel loop di ascolto, interazione e miglioramento continuo che trasforma le conversazioni nei social media in un’occasione senza precedenti per avvicinarsi alle persone, comprenderne sinceramente ed umilmente i bisogni e mettersi a disposizione per fornire un servizio più piacevole, conveniente ed utile. Senza un chiaro percorso di evoluzione di mindset, processi, cultura e strumenti, stiamo parlando ancora e solamente di social media marketing!
Per concludere, non canali nuovi o una nuova comunicazione, ma un modo diverso di fare business al cui centro ci siano le persone.
…
Ciò che le aziende non riescono a fare da sole non è l’execution quanto il salto di mindset e la preparazione di modelli in grado di guidarlo su larga scala. E’ l’attraversamento del chasm tra sperimentazione e business, tra pagina su Facebook e tutto ciò che viene dopo (customer insight, co-creazione, social support, miglioramento dei processi, etc) il terreno su cui la sfida si sta spostando.
Il nuovo studio sul Social CRM (dai Social Media al Social CRM) di IBM rileva quantitativamente la lentezza e la complessità di questo passaggio che, come spiegato nei post precedenti, va ben aldilà di un utilizzo di nuovi canali a cui molti manager vorrebbero ridurre il fenomeno in atto.
Se le aziende si stanno già attrezzando per sfruttare i social media, quali sono gli ostacoli che fanno fatica a superare per estrarre un concreto valore di business dai social media e dare ai clienti quello che veramente si attendono dall’interazione con il brand?
- Capire finalmente che i social media sono diversi dai media tradizionali. Il 70% delle aziende dichiara che si sentirebbe fuorigioco non essendo presente nei canali 2.0 e di conseguenza il 79% degli intervistati ha già una presenza sui social network (Facebook, Linkedin, Orkut, QQ) ed almeno il 50% nelle piattaforme di condivisione (video, microblogging). Queste presenze vengono però largamente viste come l’ennesimo canale per comunicare in modo quasi sempre unidirezionale ed inside-out, con il cliente, invece che come uno strumento per la prima volta di ascolto e reazione. L’engagement richiede un dialogo. Senza sapere ascoltare stiamo ancora urlando ai clienti, ma solamente in un nuovo canali che tra l’altro non si presta bene per questo uso:
- Serve una strategia di Social CRM, non di CRM, non di social media marketing. Avete una strategia di CRM? Avete anche una strategia sui social media? Bene, ma non è quello di cui stiamo parlando. Una strategia di CRM è mirata a coordinare efficientemente i processi interni per gestire al meglio il cliente ed il suo life time value. Una strategia di social media marketing porta a decidere come utilizzare i canali sociali per promuovere messaggi dall’azienda e promozioni sui prodotti. Il Social CRM è altro. Non state facendo Social CRM, se dalla gestione del cliente non passate al dialogo con il cliente mettendovi in condizione di dargli quello che lui vi sta realmente chiedendo (chiedere, ascoltare, reagire..). Non state facendo Social CRM frammentando tatticamente l’adozione dei social media all’interno di una singola funzione, senza un disegno olistico di fondo capace di ingaggiare gli individui dovunque essi siano nella catena di creazione del valore ed indipendentemente dal punto di contatto (ad esempio per richiedere supporto..), senza un piano di governance, linee guida comuni, la capacità di far circolare le insight provenienti dal cliente attraverso tutti i dipartimenti. In questo momento ogni dipartimento (leggi spesso il Marketing…) si fa la sua social media strategy guidata dalla propria agenda e sconnessa da ogni altra iniziativa:
- La strategia delle parole ai fatti. Sperimentare o lanciare un progetto supportato strategicamente da tutta l’azienda (top management incluso) fa una bella differenza. L’implementazione della strategia, intesa come metriche, governance, obiettivi e modelli di business, policy e linee guida, allineamento con la strategia complessiva dell’azienda è ancora lontana per molti, anche fermandosi ai semplici social media:
- Gli ostacoli? ROI, il rischio, la strategia. Oltre al tema della strategia, per progredire fattivamente lungo questo cammino e mostrare all’azienda che i social media possono rappresentare una leva significativa di competizione sul mercato (oltre che di comunicazione), le imprese intervistate vedono l’identificazione del ritorno dell’investimento (solo il 24% lo misura) ed il controllo del rischio di esposizione negativa del brand (solo il 39% lavora con vendor per il monitoring del brand e solo il 21% fa training sui dipendenti per mitigare il rischio) come barriere principali:
Conclusioni
Insomma aldildà delle solite buzzword sociali, i dati precedenti fanno vedere come non sia ancora avvenuto il passaggio da un utilizzo naive e poco efficace del social ad una visione che metta l’essere umano al centro dell’innovazione, della produttività, del servizio dell’azienda.
Per completare il cammino e superare le paure del management, il primo passo è quello del fare: prendere seriamente il cambiamento epocale in corso, abilitato si dai social media, ma realizzabile solo tramite un’evoluzione culturale, di mindset, di processi e di riconoscimento del ruolo che le persone possono giocare.
Senza questo step, a mio avviso il più importante, il beneficio introdotto dai social media non solo non sarà misurabile (gli analytics sono una delle altre aree carenti citate dal report), ma soprattuto rimarrà poco rilevante rispetto ad iniziative percepite come più critiche in un momento di forte fragilità e turbolenza del mercato.
Il punto è che questa turbolenza non è una condizione passeggera, ma il nuovo business as usual..