Dai clienti ai processi. Unire Social CRM e Adaptive Case Management

Come alcuni hanno giustamente osservato commentando i recenti post sul Social Business, nonostante il potenziale del cammino che sempre più aziende hanno ormai intrapreso, la complessità di questo cambiamento non va sottovalutata. Pur non pretendendo di possedere già tutte le risposte, voglio condividere con voi alcune riflessioni sulla possibile direzione da intraprendere.

Ripartiamo allora dal processo unificato di Social CRM di qualche tempo fa e dal continuum di esperienza (ispirato ad Esteban Kolsky) che ne rappresenta una visione sintetica:

Ora sovrapponiamo a questo modello la definizione di Social Business. In chiusura si diceva che:

In estrema sintesi … un Social Business è un’azienda che decide consapevolmente di porsi in una relazione osmotica con il proprio ambiente e che è capace di ricalibrare costantemente se stessa rispetto agli stimoli intercettati.

Social CRM/ Social Business funzionano cioè solamente se esistono meccanismi per intercettare sistematicamente segnali provenienti dai clienti (e dall’ecosistema) e trasformarli in processi e prodotti migliori, garantendo quindi nuove esperienze più rispondenti alle aspettative del cliente (dell’ecosistema).

La domanda banale è allora: in che modo un’organizzazione può concettualmente ed operativamente captare, comprendere, elaborare e trasformare segnali esterni in un processo fluido di miglioramento dei propri processi/output? Unendo Social CRM e Adaptive Case Management.

A partire da quanto condiviso a Londra da Laurence Buchanan di Capgemini (vedi il suo post), ho preparato il diagramma seguente (clicca per ingrandire):

Cosa significa il disegnino?

  • Il modello fa leva su tre fasi di impiego dei segnali provenienti dall’esterno: conversations, insight e actions. Sfruttando prima gli strumenti di interazione ed ascolto delle conversazioni all’interno delle community di utenti, quindi la loro analisi e classificazione al fine di estrarne delle indicazioni capaci di guidare l’azione dell’azienda ed infine approcci adattivi ed emergenti di evoluzione dei processi interni, gli scambi informali stimolano costantemente il miglioramento di prodotti e servizi
  • Filtrare e comprendere le conversazioni. Le interazioni tra gli utenti vengono filtrate ed elaborate attraverso tre passaggi: tramite le risposte da parte di altri utenti, tramite un’analisi del sentiment, tramite un’analisi del contesto. Una volta avviato un funzionamento pull della community, saranno gli stessi membri ad aiutare e fornire risposte ai propri pari. In questi casi l’azienda tipicamente si limita ad osservare ed imparare. Alcune volte le conversazioni (es. malfunzionamenti, disservizi, critiche, ma anche apprezzamenti molto sentiti) richiedono però un qualche intervento sincrono o asincrono da parte del brand. La sentiment analysis prova quindi a separare il “parlare bene” dal “parlare male”, mentre un’analisi semantica tenta di ricostruire il significato e di incasellare il messaggio al fine di azioni successive (eliminando falsi positivi, separando significati diversi, definendo il profilo dell’autore). Tutte le conversazioni, a prescindere dal canale, vengono tendenzialmente mappate al profilo dell’utente all’interno del CRM
  • Dalle conversazioni alle insight. Tramite le analisi precedenti ogni singolo messaggio viene collocato nel giusto contesto dal punto di vista del peso del suo autore (relevance), dell’ampiezza del suo network (reach), del numero di volte che messaggi analoghi sono stati registrati (frequenza), del potenziale impatto che esso può produrre sul business (qui serve un tagging manuale). Su questi ed altri parametri simili vengono definite delle business rules. Ad esempio se il messaggio è negativo, ha bassa frequenza, ma l’autore è un influencer (alta rilevanza ed alto reach) allora bisogna rispondere in fretta. Chi risponde? Dipende dal tema emerso durante l’analisi. Se si tratta di un problema sul servizio sarà un responsabile di customer care. La segmentazione dell’autore e della qualità del messaggio, consentono di ottimizzare lo sforzo dell’azienda pensando addirittura a SLA (service level agreement) diversi per target diversi.
  • Dall’insight al miglioramento continuo. Aldilà delle singole azioni implementabili tramite business rules, esistono due grandi ambiti di risposta: la risposta pseudo-manuale e 1-to-1 ed il potenziale miglioramento del processo. Nella risposta reattiva, eventualmente tramite l’aiuto di community / basi di conoscenza interna e sempre memorizzando lo scambio nel CRM, un rappresentante dell’azienda indaga e fornisce una risposta individuale alla sollecitazione del cliente. La risposta viene resa il più possibile visibile per gli altri clienti, ma non provoca impatti sull’interno dell’azienda. Quando però una particolare business rule (es. un trigger sulla frequenza e sull’impatto di un problema, anche di fronte ad una bassa rilevanza e portata degli autori) porta alla luce ambiti in cui prodotti e servizi devono essere rivisti, ciò che parte è una vera è propria evoluzione dei “processi” interni. Trattandosi generalmente di flussi che coinvolgono conoscenza, attori umani spesso variabili, azioni difficilmente predicibili in modo esaustivo (Barely Repeatable Process), in realtà più che a processi si è di fronte a “template di azioni” guidati da specifici obiettivi, risultati da raggiungere. Ad es. dopo 100 segnalazioni per un problema su un servizio web difficile da usare si può decidere di agire e cambiare il servizio oppure dopo 1000 segnalazioni sulla scarsa reattività dell’azienda alle telefonate che arrivano al call center si può decidere di rivederne l’organizzazione. Questo è l’ambito dell’Adaptive Case Management, un approccio mirato a consentire agli utenti di business di disegnare da soli (senza coinvolgere sviluppatori, web services, l’IT) dei template di azione (i case) durante le loro normali attività. Il sistema fa emergere automaticamente miglioramenti nella gestione del caso, a partire dall’uso. L’Adaptive Case Management è un dominio estremamente interessante che colma il divario tra processi strutturati e capitalizzazione del lavoro dei knowledge worker. Sulla sua importanza e sulla differenza con il Social BPM tornerò in futuro.
  • Dal miglioramento adattivo all’ottimizzazione dei processi core. Infine in alcuni casi, il miglioramento riguarda uno dei processi centrali che automatizzano il funzionamento del business, come ad esempio il provisioning di un servizio, la produzione di un mobile che coinvolge partner, fornitori e dipendenti. Qui l’Adaptive Case Management consente di investigare il problema in modo strutturato, identificare la soluzione e quindi lanciare una revisione dei meccanismi di BPM (Business Process Management). Distinguere il livello emergente e quello top-down consente di garantire più flessibilità ai singoli individui ma specialmente più reattività e costi più bassi all’azienda, dato che mettere mano al BPM è un pò come sviluppare una nuova applicazione con tutte le fasi ed i tempi per l’analisi dei requisiti, la progettazione, lo sviluppo, il testing, etc.

Per chiudere, è interessante notare come, benché il supporto tecnologico non sia l’unica o forse la maggiore delle questioni da affrontare, esistano già strumenti in grado far tutto questo (seppure non esista una soluzione unica al momento). Ripercorrendo il flusso, oltre ai classici tool di BPM e CRM:

Cosa ne pensate?

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Emanuele Quintarelli

Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator

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