Enterprise 2.0: Opportunità o Rischio?

Ho già affrontato i benifici cui le aziende mirano tramite l’introduzione di approcci tipici del web 2.0. A differenza degli strumenti tradizionale di knowledge management, la promessa dell’Enterprise 2.0 comprende una produzione, organizzazione e ricerca più efficiente dell’informazione, oltre a spazi di collaborazione e condivisione delle competenze più semplici ed immediati.

Se alla luce di questi adoption drivers molte realtà come Procter & Gamble, Motorola , Wells Fargo stanno iniziando a sporcarsi le mani con i primi pilot o con veri e propri progetti più o meno estesi, molti IT manager nutrono ancora pesanti diffidenze che frenano la diffusione dell’enterprise 2.0. Implementare il web 2.0 dentro una realtà professionale introduce sfide semplicemente non presenti in Internet.

In base ad uno studio compiuto quest’anno da InformationWeek su 250 professionisti IT, emergono ancora paure ed incertezze in particolare sui temi della sicurezza, dell’integrità dei dati, sul ritorno degli investimenti e sulla mancanza di competenze specifiche, come è possibile vedere nel grafico. Nonostante questo, il 32% degli intervistati dichiara che la propria società ha già in campo iniziative Enterprise 2.0 e di essere convinto che le aziende che rimangono fuori corrano seri rischi di competitività.

Come spesso accade nel web, sembre quindi chiaro che la tecnologia da sola non sia in grado di provocare un cambiamento culturale e organizzativo tale da assicurare l’adozione delle nuove tecnologie che riducono le capacità di controllo del middle management ed introducono questioni legali.

La strada corretta sembra piuttosto quella di prendere coscienza e soppesare sia i rischi, che le opportunità che il web 2.0 rappresenta per l’azienda, tenendo bene a mente che quanto stiamo vedendo oggi sulla rete non può certamente essere liquidato come una moda passeggera o di impatto trascurabile.
Ogni valutazione deve tenere in conto l’ambiente ed i requisiti tipici delle società più grandi come affidabilità, sicurezza, governabilità, rispetto delle regole e della privacy degli attori. Il fine ultimo è identificare una strategia ed un piano di deploy dei servizi che mitighi i rischi, massimizzando i ritorni.

Perchè gli IT manager non possono ignorare l’enterprise 2.0? Prima di tutto perchè blog, wikis, strumenti di project management, sistemi di condivisione foto e video sono già utilizzati dentro l’azienda, senza alcun permesso. Tramite approcci quali il software-as-a-service o grazie ad offerte gratuite, anche laddove non esista alcuna intenzione aziendale di introdurre strumenti enterprise 2.0 questi hanno raggiunto percentuali di utilizzo che variano tra il 3% e l’8% (Forrester):

Come mostrato da Forrester in Web 2.0 Social Computing Dresses Up for Business le aziende che fanno finta di non vedere quanto sta succedendo (per esempio con Facebook) corrono il rischio considerevole di perdere il controllo dell’informazione generata, pubblicata e consumata dai loro dipendenti fuori e dentro la intranet. Stiamo parlando di sicurezza delle soluzioni (se il servizio in hosting sparisce?), di riservatezza dei dati (l’attività di R&D e le revenue condivise con il mondo?), affidabilità degli user generated content se utilizzati per fini errati (Wikipedia per un business plan?).

Se per molti CIO la reazione più istintiva potrebbe essere mettere mano ai firewall e sbarrare l’accesso al futuro, la strategia più proficua e lungimirante è al contrario uno studio comprensivo del valore di business degli strumenti nelle attività di:

  • Creazione collaborativa e pubblicazione flessibile dei contenuti tramite blog e wiki
  • Project management: gli stessi wiki sono strumenti emergenti ed efficaci di coordinamento dei team, ma esistono anche offerte specifiche come quella dell’italiana Yoo+
  • Reperimento dell’informazione: tramite i feed RSS è l’informazione che cerca gli utenti, limitando il crescente problema di information overload ed assicurando una notifica in tempo reale di eventuali aggiornamenti
  • Accesso personalizzato alle risorse: i tag consentono ad ogni abitante della intranet di memorizzazione ed in seguito ritrovare i contenuti tramite un proprio vocabolario. Nel tempo le nuvole di tag costituiscono una rappresentazione aggregata degli interessi del singolo utente o di un’intera comunità, dando importanti indicazioni all’azienda sulle esigenze informative dei dipendenti
  • Communità di Interesse: non sono certamente un concetto nuovo, ma i social network come MySpace e Facebook sembrano indicare la strada per un nuovo livello di partecipazione e condivisione anche dentro l’azienda

Queste fasi caratterizzano il lavoro di tutte le aziende che si occupano di contenuti e conoscenza (quale azienda non lo fa in qualche modo?) e gli IT manager iniziano a percepire questo valore con un 59% che afferma di aver tratto benifici dal deploy dell’enterprise 2.0 (anche se l’instant messaging, tecnologia però meno recente, raggiunge un forte 73%).

Chiudere porte e finestre non da nessuna garanzia di controllo. La via giusta rimane pertanto il comprendere ed adattare quanto visto nel web 2.0 al proprio specifico contesto tramite policy e linee guida. Questo è il momento di indagare l’eventuale presenza (dal basso quindi non controllata) di esperimenti e servizi per scoprire i benefici che essi già forniscono in azienda. Piuttosto che combattere è possibile cavalcare le iniziative spontanee dando loro la giusta direzione, evitando gli abusi e preparando una strategia a lungo termine di valutazione delle possibilità più promettenti.

Ciò che pare sempre più certo è che l’offerta di servizi enteprise 2.0 si sta consolidando ed è qui per restare come meccanismo di capitalizzazione delle competenze aziendali, ma anche come supporto ai processi già in piedi.

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