Implementare l’Enterprise 2.0 – Favorire l’adozione

Dopo la prima puntata sulle radici consumer dell’Enterprise 2.0 e la seconda su potenziali benefici e rischi, continuamo il nostro percorso attraverso il report Implementing Enterprise 2.0 di Ross Dawson affrontando i temi centrali delle barriere di adozione e della gestione delle iniziative partecipative.

Se da una parte l’Enterprise 2.0 promette benefici così forti da cambiare lo stesso funzionamento delle aziende, situandosi il vantaggio competitivo all’intersezione di cultura e tecnologia, gli ostacoli da affrontare  sono molteplici ed in larga misura dipendenti dalla specifica natura dell’organizzazione in cui si opera.

Cambiare comportamento e meccanismi interni di funzionamento di un’organizzazione non è certo cosa facile.  Ogni sforzo che preveda variazioni nel modo in cui le persone lavorano e generano valore è destinato a scontrarsi contro una forte inerzia. Come abbiamo visto nella seconda puntata di questa serie però, quando l’ecosistema cambia drasticamente ed improvvisamente, l’unico modo per sopravvivere e proliferare è cambiare altrettanto velocemente. Questa sfida non è prerogativa o prerequisito per l’Enterprise 2.0, ma per la stessa vita futura dell’impresa.

D’altra parte, per avere effetti trasformazionali l’Enterprise 2.0 implica una rilevante componente di change management che per avere successo deve tenere in conto almeno le barriere seguenti: cultura, attitudine del management, interessi preesistenti, errori nella progettazione delle iniziative. Vediamo gli aspetti salienti per ognuna delle barriere insieme a qualche riflessione su come affrontarle.

Cultura

  • Struttura fortemente gerarchica: in ambienti basati su un controllo forte e centralizzato l’adozione va pensata rispettando il basso appetito per il change management presente. Ciò nonostante proprio le aziende più gerarchiche sono quelle meno capaci di reagire al cambiamento esterno e quindi quelle in cui l’Enterprise 2.0 fornisce benefici potenzialmente più ampi
  • Avversione al rischio: anche l’intelligence americana ha adottato strumenti collaborativi per cui l’avversione al rischio tipica di alcuni settori non pregiudica per sè le possibilità di successo. Rischi e paure vanno però portati in luce, affrontati e controntati con i benefici
  • Mancanza di fiducia nei dipendenti: se l’azienda non si fida dei dipendenti le iniziative sociali rischiano seriamente di fallire ed hanno poco motivo di esistere. Sappiamo però ormai che la fiducia è correlata alle performance aziendali e se l’organizzazione intende migliorare questo aspetto, l’Enterprise 2.0 può facilitare la gestione del cambiamento
  • Fallimenti precedenti: tutte le aziende danno peso alle esperienze precedenti e quando queste non hanno funzionato è importante far percepire la differenza di approccio (vedi il lato umano) dell’Enterprise 2.0 e tenere fuori all’inizio coloro che non farebbero mai decollare il progetto
  • Comportamenti affermati: siamo tutti profondamente legati alla mail o agli altri software che l’azienda ci ha imposto negli anni. E’ bene partire con gruppi motivati a sperimentare chiarendo in fretta perchè si dovrebbe fare la fatica di cambiare il proprio modo di lavorare. Un approccio intelligente è quello di impiegare strategie di transizione, per spostare dolcemente il baricentro verso modalità di partecipazione più aperte.

Attitudine del management

  • Scarsa comprensione di benefici e rischi: il senior management ad oggi ancora ha una comprensione molto superficiale della differenza tra web 2.0 ed enterprise 2.0  o di cosa un progetto reale comporti. Fare formazione agli executive, condividere casi di successo di aziende simili ed affrontare esplicitamente le paure è un ottimo modo per creare un terreno fertile
  • Paura della perdita di controllo: diciamoci la verità, anche oggi i manager hanno solamente l’illusione del controllo. Dipendenti e clienti già parlando di tutto quello che fa l’azienda, a voce, come negli spazi partecipativi non presidiati dall’aziende. Per la prima volta si ha la possibilità di intercettare e prendere parte ad un pò di questi scambi, il tutto in modo inizialmente controllato tramite dei pilot chiusi
  • Potere dei dipartimenti legali e di gestione del rischio: l’innovazione fa sempre paura, specialmente a coloro che in azienda devono prevedere e mitigare i rischi, tuttavia il management ha come obiettivo non solamente stare sicuro, ma anche generare valore. Se la governance è accurata i rischi possono essere gestiti e confrontati con i ritorni.

Interessi preesistenti

  • Impatto sugli investimenti precedenti: l’Enterprise 2.0 si inserisce quasi sempre in un ecosistema fatto di progetti, attività e sistemi preesistenti. L’integrazione tra formale ed informale è per questo sempre più centrale e di norma abbastanza naturale. Laddove gli investimenti precedenti siano palesemente contrari allo spirito partecipativo potrebbe invece essere opportuno preparare un buon business case per comprendere opportunità e ritorni ancora prima di partire
  • Impatto sulla funzione IT: la consumerizzazione dell’Enterprise e la larga disponibilità di strumenti semplici da usare a basso costo, fa sentire a molti IT manager il fiato sul collo. Questa è anche la mia esperienza su molti progetti in cui le linee di business sono i driver, non l’IT che di norma ancora vede poco i driver per lavorare in modo diverso. Purtroppo qui il fenomeno è graduale, ma inarrestabile e  l’IT può scegliere se cavalcarlo fornendo tecnologia in grado di garantire un vantaggio competitivo al business o se finire a stringere bulloni
  • Perdita di potere: chiaramente se tutti posso parlare e dare il proprio contributo in modo trasparente, alcuni privilegi e giochi di potere vengono a galla. Di nuovo l’Enterprise 2.0 può essere una leva per riposizionarsi in azienda acquisendo un’autorevolezza, una credibilità ed un’influenza del tutto nuove, ma dubito che questo argomento possa funzionare in ogni contesto. Ciò attribuisce un ruolo essenziale al committment da parte della proprietà o del senior management, senza cui le iniziative rischiano spesso di arenarsi proprio per questioni di potere

Progettazione delle iniziative

  • Linguaggio sbagliato: non serve spaventare le persone parlando di Enterprise 2.0, wiki, enterprise tagging, etc. In molti contesti meglio usare un linguaggio più rassicurante, che eviti reazioni difensive e stimoli ad un’apertura positiva da parte degli individui coinvolti
  • Focus sulla tecnologia e non sul business: di questo parliamo da anni ormai ed è ormai chiaro a tutti che se l’Enterprise 2.0 non persegue obiettivi umani e di business.. meglio lasciare perdere in partenza
  • Mancanza di un buon business case: creare un buon piano di azione è un ottimo modo non solo per ottenere la necessaria sponsorship dall’alto, ma anche per avere un piano di lavoro che funga da timone e che ci spinga a prendere seriamnete il lavoro di coltivazione. Senza la mappa trovare il tesoro è difficile..
  • Iniziative troppo complesse: think big, start small e move fast dicevano i ragazzi di Lockheed Martin l’anno scorso alla conferenza di Boston. L’approccio rimane valido come allora e la strada migliore sembra quella di stabilire una visione di lungo termine, procedendo a piccoli passi e mostrando velocemente dei risultati tangibili al business ed alle persone, avendo chiaro in mente che il cambiamento è possibile, ma spesso richiede un lavoro di anni.

L’introduzione dell’Enterprise 2.0 non è una questione meramente tecnologica, ma un percorso di evoluzione dell’impresa difficilmente rimandabile di fronte alle sollecitazione del mercato e della società. Ricordare ed affrontare barriere come quelle riportate sopra aiuta ad avere una visione corretta del lavoro che c’è da fare ed a preparare le necessarie risorse per garantire il successo delle proprie iniziative.

Probabilmente questa lista non è esaustiva e per questo mi piacerebbe ricevere da voi altri spunti sugli ostacoli umani, tecnologici e politici che avete riscontrato sui vostri progetti di adozione delle logiche collaborative.

Nella prossima puntata parleremo invece di governance.

Emanuele Quintarelli

Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator

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