Una delle principali ragioni per cui più di due anni fa ho deciso di lanciare questo blog in italiano dedicato all’Enterprise 2.0 è stata quella di condividere con decisori aziendali ed altri consulenti nel nostro paese i segnali che nel tempo avrei captato dal mondo nord americano, europeo ed asiatico.
Dal 2007 alla fine del 2009 questo nostro ambito ha più volte cambiato pelle nella percezione del pubblico, nella priorità per le imprese, ma anche nella tipologia dei problema da affrontare. Se due anni fa (ed ancora l’anno scorso) si parlava di definizioni ed addirittura della pura realizzabilità di un’impresa 2.0, oggi sappiamo bene che queste realtà esistono ed anzi continuano a crescere in numero, come nella profondità con cui i paradigmi sociali evolvono l’infrastruttura tecnologica, la cultura, il tessuto organizzativo e la capacità di generare valore.
Oggi moltissime realtà con cui sono in contatto e lavoro non si chiedono più se fare, ma come fare l’Enterprise 2.0. Di contro, nonostante la ricchezza di risorse disponibili gratuitamente in rete, mancava finora un testo esaustivo, strutturato e specialmente operativo in grado di prendere per mano i manager e far loro intravvedere il percorso a cui si trovano davanti.
Implementing Enterprise 2.0: A practical guide to creating business value inside organizations with web technologies di Ross Dawson è un libro/report di 190 pagine pubblicato ad Aprile 2009 che risponde a questa esigenza e dal quale, nei prossimi post, vorrei riprendere con voi alcuni contenuti e messaggi, facendo largo uso dei capitoli disponibili gratuitamente.
Come in altri testi, la parte introduttiva offre una breve disanima della portata del Web 2.0 e delle sue tecnologie, ma ciò che qui aggiunge valore il chiarire da subito dove e come queste tecnologie possano essere applicate all’impresa:
Per esempio un blog per la comunicazione interna/esterna ed il project management, i wiki per l’editing collaborativo dei documenti ed lo scambio di informazioni sui progetti, i social network per dare visibilità alle persone ed alla loro expertise, il tagging per migliorare la ricerca e la condivisione di conoscenza, etc. Si tratta di concetti forse noti, ma su cui presso molti clienti vedo ancora confusione.
Altro tema a volte poco chiaro che viene toccato all’inizio del libro sono le differenze ed il gap che esistono tra le tecnologie del Web 2.0 e gli strumenti che servono all’ Enterprise 2.0:
- Scalabilità: se il web 2.0 si appoggia pesantemente su raggiungimento di una massa critica ed effetti network, dentro l’azienda i numeri sono diversi e la strategia deve essere mirata a garantire valore anche con gruppi relativamente piccoli
- Sicurezza: ogni CIO (e prima o dopo il CIO entra sempre in gioco) ha giustamente un livello di tolleranza rispetto ai rischi IT molto diversa dal navigatore medio. I rischi esistono e devono essere prima esplicitati e poi gestiti bilanciandoli con i potenziali ritorni
- Identità: l’anonimato anche parziale presente in rete non è praticamente mai accettabile in azienda, per cui l’integrazione delle diverse credenziali e dei meccanismi di autenticazione sono alla base di qualunque implementazione
- Perdita di informazione: informazioni confidenziali su processi, clienti, dipendenti e progetti non devono essere esposte all’esterno. Con piattaforme behind the firewall questo è molto raro, ma spesso il confine è abbastanza labile ed i dipendenti utilizzano anche servizi esterni su cui vanno create opportune policy
- Tracciabilità: sempre più spesso ogni informazione che transita nell’impresa deve essere tracciata e conservata. Questo è sicuramente un aspetto poco coperto dalle tecnologie collaborative
Come al solito portare alla luce differenze, paure, dubbi è un ottimo modo per acquisire credibilità e facilitare l’interlocuzione con i senior executive. Proprio questo è l’inizio di una strategia di adozione dell’Enterprise 2.0.
Al prossimo post per la seconda parte su come valutare le motivazioni strategiche, i benefici ed i rischi a cui questo cammino espone le aziende.