Nella giornata di lunedì, grazie all’invito di Nicola De Carne, passerò alcune ore a confrontarmi sull’Enterprise 2.0 con i ragazzi del Master in Comunicazione e NuoveTecnologie de Il Sole 24 Ore. Sarà l’occasione buona per provare sul campo molto del materiale che ho raccolto negli ultimi mesi e per presentare il diagramma seguente:
Questo schema non è completamente inedito dato che si ispira chiaramente al bellissimo bullseye di Andrew McAfee (che a sua volta impiega il contetto di forza dei legami deboli proposto da Granovetter) e prende qualcosa anche dal modello a 4C di Niall Cook (communication, cooperation, collaboration, connection), del cui libro Enterprise 2.0 farò presto una review.
Il mio lavoro si limita piuttosto a mettere insieme le idee, con alcune differenze teoriche rispetto al lavoro di Niall con cui mi sono confrontato, agganciando alle idee gli strumenti che più frequentemente vedo applicati all’interno delle aziende. I piani che ho provato ad esplicitare sono tre:
- L’attività a cui gli utenti sono esposti
- La forza dell’interazione
- La portata del messaggio
La classificazione parte innanzitutto dall’inquadrare il problema non tanto dal punto di vista tecnologico (per cui esistono invece gli SLATES e la FLATNESSES), quanto dalla prospettiva dell’utente. Ho scelto questa strada perchè sono convinto che la scelta degli strumenti dovrebbe essere l’ultimo step di una strategia di introduzione ed adozione i cui passi iniziali sono la definizione degli obiettivi di business che si vogliono raggiungere e le peculiarità degli utenti da coinvolgere.
Partiamo allora dall’alto per valutare il nostro obiettivo ed il modo in cui questo si traduce in interazione di gruppo. Agire sulla forza dei legami significa allora capire se intendiamo far lavorare a stretto contatto e su un chiaro fine condiviso le persone (collaborazione), se vogliamo supportare la creazione di connessioni attive o dormienti tra individui sulla base di temi di interesse o problemi specifici (connessione), se vogliamo alimentare gli scambi maggiormente informali, laschi ed asincroni di conoscenza lasciando che esperti ed esperienze emergano (comunicazione e condivisione), se infine tentiamo di aggregare la saggezza della folla all’interno ed all’esterno dell’azienda per fare innovazione o anticipare tendenze (collective intelligence).
Ognuna di queste strade (che non sono per nulla mutuamente esclusive), agisce su un legame interpersonale di intensità diversa. La collaborazione, ad esempio l’editing collaborativo di un documento o il lavorare insieme ad un progetto, prevede di norma una conoscenza tra gli individui, la necessità di coordinarsi e lavorare l’uno sugli output parziali dell’altro (legame forte). Quando invece tentiamo di risolvere velocemente un problema inatteso o semplicemente voglio seguire le azioni di un altro utente, molto spesso la relazione è più debole, meno sistematica e la risposta potrebbe arrivare anche da una persona con cui non ho mai interagito, ma alla quale sono accomunato per esperienze o ambito di intervento (legame debole). Rilasciando ancora di più la forza del legame, ci sono attori con cui non abbiamo scambi diretti ma che rappresentano una guida, che ci trasmettono informazioni o conoscenza, con solo parte degli interessi coincidono, ma che possono rivelarsi fondamentali in situazioni specifiche (legame potenziale). Infine esistono ambienti in cui ci accorgiamo appena delle persone e ciò che ci unisce non è tanto l’interazione diretta, quanto la diversità e dall’aggregazione dei contributi individuali (nessun legame). Qui il valore non emerge a livello individuale, ma tramite meccanismi di reazione (come per i mercati azionari) e guardando al sistema nel suo complesso (prediction markets e sistemi di gestione dell’innovazione). Queste tipologie di legame hanno tutte un valore e rappresentano i diversi ruoli che ognuno di noi recita all’interno delle communità di cui è membro. E’ possibile il passaggio da un ruolo ad un altro, o l’adesione contemporanea a diversi ruoli nello stesso gruppo, tuttavia la varietà di meccanismi di interazione è fondamentale per il corretto funzionamento della community.
Infine strumenti diversi hanno una portata profondamente diversa. Datemi un blog e raggiungerò al mondo si potrebbe dire e quando si persegue l’innovazione l’aspetto centrale è spesso riuscire ad attirare stimoli, punti di vista e background totalmente opposti per poi selezionare la via giusta (scope globale). Queste distanze sono meno facilmente colmabili con un wiki o anche all’interno di un forum dove l’interazione è decisamente più mirata e ristretta (scope locale).
I tre piani della forza del legame, del tipo di obiettivo e della portata del messaggio non esauriscono certamente le possibili classificazione dei social media in azienda. Credo però che declinati insieme possano costituire un buon punto di partenza per capire quale strada sia più opportuno seguire dati obiettivi e caratteristiche del proprio pubblico.
Cosa pensi? Ci sono modi migliori o diversi per organizzare l’Enterprise 2.0?
For those who asked, here it is a short summary of the post with an explanation of the basic ideas the chart above tries to convey
This diagram is not completely unedited as some of the ideas in it are based on the awesome work of Andrew McAfee (the bullseye) and Niall Cook with the 4Cs model (communication, cooperation, collaboration, connection) introduced with the Enterprise 2.0 book. I’ve just tried to put these and other ideas together attaching real enterprise 2.0 tools and activities to them, in order to provide a starting point for those who need to design a social media strategy for their company. I’m not focusing on the technology (SLATES and FLATNESSES do that perfectly already), but on the people that make those technologies really meaningful.The model presents three dimensions:
- The interaction goal
- The strenght of the relationship
- The scope of the message
We all know different tools are keen to different uses, contexts and goals, but telling which one is the best in every case may not be trivial. To choose wisely you need to start from the business objectives you really want to reach and the people that will help you in doing that, not from tools.
So starting from goals I’ve highlighted 4 activities: collaboration (coordinating and working together with a common set of results in mind and building on top of the partial outputs of others), connection (putting in place active or inactive relationships between individuals based on common interests, passions or issues), communication & sharing (to support informal, asynchronous, loosely coupled knowledge exchanges making experts and expertise bubbling up), collective intelligence (aggregating and filtering the wisdom of crowds on the border of our company to innovate and predict future trends). Activies are not mutually exclusive and many users are exposed to many of them at the same time.
These activies and goals leverage different strenghts in people to people relationships. Collaborating, collaboratively editing a document or coordinating on a project often requires a strong, continuous and meaningful interaction between individuals that know each other (strong tie). When we need to quickly address an issue or to solve a problem, a weaker relationship is often enough. Here the answer could come from someone we barely knew about but with common experiences or interests (weak tie). Releasing even more the strength of the tie, there are people we never met or interacted with but who for their role and abilities act as a guide, an ispiration, a source of knowledge and information. People quite different or geographically distant from us but absolutely fundamental in very specific situations (potential tie). The last circle represents a situation in which there’s no relationship at all but where diversity of opinions, backgrounds and perspectives can be anyway aggregated to predict future trends or events. Here the value is not visible at the individual level but at the system one where insights from thousands or millions of brains can be put together to innovate and quickly react to market signals.
Each of these objectives and ties require a specific set of tools. Blogs, wikis, forums, social networks are not made equal though, especially for their reach. I can use a blog to talk to the world and when I’m chasing innovation, each opinion can be really valuable but when I need to close a project within a short time frame with my team, I may prefer to be more concrete and focused using a wiki.
These three dimensions (tie strenght, goals and scope) are probably only some of the concepts you need to address to design your own strategy but I believe that taken together they can be a good starting point to make your mind and focus on what really matters: people and their goals
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