Preso tra una quantità di progetti enterprise 2.0 interessanti, ultimamente faccio un pò di fatica a tenere il passo con le letture e con i post. Mi riempie di soddisfazione constatare come, seppure con un pizzico di fatica, questo mondo della informal collaboration, dell’information sharing e dell’innovazione diffusa stia muovendo passi notevoli anche in Italia, nonostante la nota e poco eccitante condizione economica in cui viviamo.
Se c’è un momento in cui le difficoltà passano in secondo piano rispetto ad un senso di ottimismo e proattività, questo è proprio la lettura di nuovi post, articoli, libri su temi vicini all’Enterprise 2.0. Leggere ti aiuta ad inquadrare la realtà da prospettive diverse e più ricche, specialmente quando l’autore è Andrew McAfee.
Uno dei suoi ultimi post, Andrew sottilinea ancora una volta la differenza tra l’Enterprise 2.0 ed il resto del software finora presente dentro le grandi aziende, tentando di andare contro una convinzione nella mia esperienza ancora piuttosto radicata: quella secondo cui in un paese come il nostro, in uno scenario economico di rallentamento, non ci sarebe spazio alcuno per progetti innovativi, che addirittura mirano ad un cambiamento dell’ortodossia del controllo di conoscenza e persone.
Con l’Enterprise 2.0 (forse anche con i social media in generale) questa convinzione potrebbe rivelarsi l’esatto contrario della realtà. L’enterprise 2.0 dimostra come piccoli investimenti possano rappresentare grandi passi verso il futuro delle aziende. Le ragioni principali sono tre:
– l’investimento iniziale è ragionevolmente più basso (qualche migliaia/decine di migliaia di euro contro centinaia/milioni di di euro)
– la quantità di dati, struttura e logica iniziali sono ragionevolmente più bassi (partire con contenuti appetibili ed accurati per gli utenti è centrale, ma ciò è molto diverso dal mettere in piedi sistemi di BPM, CRM, ECMS, etc)
– Il tempo e le distrazioni associati alla partecipazione sono ragionevolmente più bassi. Calando l’enterprise 2.0 all’interno dei flussi presistenti di interazione ed utilizzando momenti di fusione, acquisizione, stasi, c’è la reale occasione di riuscire a lanciare iniziative basate sul coinvolgimento delle persone
Il razionale alla base di queste tre osservazioni rimane sempre il concetto di emergenza. Emergenza significa simplicità , flessibilità, reattività, ri-utilizzo creativo, soddisfazione ed in ultima analisi, la capacità di farsi guidare dagli stessi utenti nel creare un organismo in grado di rispondere tempestivamente al mutare delle esigenze dell’azienda.
Se l’Enterprise 2.0 è un piccolo arrotondamento del budget di molte società, gli effetti prodotti sono spesso duraturi e molto concreti.