Social Collaboration Survey 2013 – Spunti in anteprima

Ci avviciniamo alla fine di Settembre, termine ultimo per la raccolta di dati sulla Social Collaboration Survey 2013, prima ricerca italiana, indipendente, cross-industry totalmente dedicata all’introduzione di approcci partecipati all’interno dell’impresa.

Per iniziare a stimolare il confronto e convincere i ritardatari alla compilazione, ho pensato di anticipare alcuni degli outcome più succosi che stanno emergendo, ad integrazione dell’intervista pubblicata qualche giorno fa su l’Espresso.

La domanda a cui abbiamo cercato di dare risposta con il lavoro è in sostanza “quali scelte e caratteristiche differenziano le aziende italiane che hanno successo con le iniziative di Social Collaboration da quelle che stanno ancora muovendo i primi passi?“.

Le differenze che emergono sono abissali. Ecco alcune insight di cui prendere nota:

  • No adozione, no value: nonostante la maggior parte delle grandi aziende si stia lanciando nella enterprise collaboration, solo il 10-20% dei dipendenti è effettivamente a bordo. All’altro estremo c’è chi supera il 75%. Abbiamo considerato casi simili best practice da cui prendere spunto.
  • Lo sponsor siede in alto: elevati livelli di adozione sono correlati ad una ownership dei ruoli chiave nell’azienda, ma questo succede 2 volte di più nei casi maturi.
  • Bilanciamento tra top-down e bottom-up: senza nulla togliere al commitment del top management a supporto del cambiamento, i progetti di successo mostrano una propensione doppia di bilanciamento tra top-down e bottom-up.
  • Servono le risorse: circa la metà delle iniziative di collaboration non è attualmente presidiata ed in meno di 1 azienda su 6 esiste una figura dedicata full time (!). Al contrario un team assegnato specificamente è presente in 2/3 dei progetti che funzionano.
  • Budget più alto: ¾ delle aziende dispone di un budget annuale minore o uguale a 50K Euro. Almeno 100K Euro sono invece sul tavolo 3 volte più frequentemente nelle iniziative di successo.
  • Equilibrio tra strategia, cambiamento e tecnologia: inutile dire che quasi sempre la tecnologia consuma l’intero contenuto del portafoglio. Mantenere allo stesso livello strategia, tecnologia e supporto all’adozione è invece 2 volte più frequente nei progetti capaci di coinvolgere un numero maggiore di destinatari
  • Misurare è sintomo di maturità. Quasi metà delle aziende non misura affatto l’esito delle iniziative e solo un 1/3 guarda ad indicatori di business piuttosto che di partecipazione (like, commenti, traffico, etc). Le aziende mature invece usano metriche in 2/3 dei casi e misurano ritorni di business 2 volte più frequentemente delle altre.
  • Le barriere cambiano lungo il percorso. Per chi ha già consolidato il proprio piano di adozione, comprensione delle potenzialità della collaboration e cultura non rappresentano più un problema. ROI e incentivi rimangono invece questioni aperte.

Guardare ai progetti che funzionano consente di evitare errori costosi, in grado di far saltare il programma. Dal confronto tra successo ed insuccesso continueremo ad estrarre lezioni, best practice ed idee per mitigare il rischio di fallimento e massimizzare i ritorni di business.

Il messaggio di fondo non dipende però dalla maturità dell’azienda: in ogni caso la social collaboration sarà sempre più rilevante per l’azienda. Se per metà dei partecipanti è così già oggi, solo 1/4 delle aziende ne rimarrà immune tra 3 anni. Questo si un punto su cui riflettere.

Informazioni molto più dettagliate e valori definitivi saranno condivisi nel report ufficiale ad Ottobre. Vi chiedo intanto di far girare e compilare la survey entro il mese di Settembre, qualora non l’abbiate già fatto.

Emanuele Quintarelli

Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator

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