Pharma 2.0 – Anche il Farmaceutico diventa Social

Web 2.0? Enterprise 2.0? Social Business? La semplice verità è che alle aziende di queste buzzword e degli stessi concetti che ci sono dietro non interessa per niente. Per qualunque manager, in qualunque settore, l’unico aspetto rilevante è come scovare nuove leve per accelerare la propria carriera ed aiutare l’impresa ad essere più profittevole.

Per questo, la domanda corretta è forse: in che modo il social può essere declinato nel mio contesto (settore produttivo, regione geografica, cultura aziendale, specificità nazionali, filiera, etc) permettendomi di raggiungere simili obiettivi? Pur tenendo fermi alcuni principi generali, sono convinto che per rispondere a domande del genere sia ormai necessario immergersi e comprendere a fondo le peculiarità dei singoli ambiti in cui ci si muove. Un esempio calzante è quello del settore farmaceutico.

Lavorando con aziende del Pharma ci si accorge immediatamente della resistenza e paura dei manager verso i social media, causa di un ritardo significativo rispetto ad ambiti non regolamentati come la tecnologica e le comunicazioni, ma anche di una certa percezione di ineluttabile immobilismo: nel Pharma non è possibile fare di più e nessun’altro sta facendo di più. Ma è davvero così?

L’occasione per questa riflessione è stata data da uno speciale preparato per AboutPharma insieme ad Emanuele Scotti per fare il punto sul livello di adozione e sulle best practice del social nell’ecosistema del farmaco. Il risultato? Così tanti spunti da non trovare spazio nel limite di battute del pezzo. Ecco allora qualche stimolo ed integrazione in più rispetto all’articolo.

Il settore farmaceutico non è affatto immune alla pressione sociale introdotta da community, social network ed altri strumenti 2.0. Ciò sta causando un cambiamento sorprendente e repentino nei comportamenti di tutti gli attori coinvolti: case farmaceutiche, medici ed altri operatori, pazienti. I  numeri:

  • I pazienti trovano per la prima volta nei social media una fonte credibile e ad accesso libero per informarsi sulla propria salute. Negli Stati Uniti già oggi l’80% dei navigatori cerca informazioni su patologie e cure, nel 34% dei casi basandosi su contenuti generati da altri utenti, con fino ad un quarto di loro che vuole saperne di più su medici, ospedali, farmaci e terapie. Pur non trattandosi di esperti, il 70% dei navigatori ritiene credibili i contenuti generati dai propri pari. Lo stesso succede anche in Europa dove 9 navigatori su 10 (150 Milioni di persone) utilizzano il web non solo per informarsi, ma anche per valutare quanto detto dal proprio medico
  • Se per pazienti si tratta di salute, per i medici si tratta di lavoro. In America l’89% considera Internet fondamentale per il miglioramento della pratica media, l’84% cerca informazioni sui farmaci ed il 71% prende parte a social network riservati ai medici. I colleghi europei non sono in media da meno spendendo quasi un giorno a settimana sugli strumenti digitali e vedendo nell’81% de casi Internet come fonte indispensabile per la propria crescita (Manhattan Research 2009 e 2010)
  • Aziende farmaceutiche, strutture sanitarie ed operatori del settore hanno fiutato l’opportunità. Per farsi un’idea basta consultare il wiki di initiative sociali continuamente aggiornato da Dose of Digital con decine di canali YouTube, account Twitter, pagine Facebook e community dedicate

Più che di mille numeri, colpiscono forse le centinaia di piattaforme, iniziative, esempi ormai disponibili in ogni parte dell’ecosistema ed in qualsiasi paese:

  • Seppur con qualche difficoltà per rispettare vincoli normativi ancora poco chiari, case farmaceutiche e strutture sanitarie si stanno chiedendo come cavalcare questa ondata di partecipazione. Alcune delle community sono legate più o meno esplicitamente ad un prodotto come nel caso di AlliCircles per Alli di GSK o di PKU.com per Kuvan di Biomarin. Molto più spesso il focus è la patologia: CFVoice sulla fibrosi cistica promossa da Novartis,  ChildrenWithDiabetes per il supporto al diabete infantile acquisita da Johnson & Johnson, CML Earth sulla leucemia mieloide cronica sponsorizzata da Novartis, DepNet sulla depressione lanciata in Danimarca da Lundbeck, HearingJourney sugli impianti uditivi sponsorizzata da AdvanceBionics, AdvanceBreastCancer per il miglioramento della vita dei malati di cancro alla mammella di Brystol-Myers Squibb, HowIFightMSMS Gateway e MS Village con blog e community sulla sclerosi multipla. Non possono infine mancare le decine di blog, pagine su Facebook, i canali su YouTube e gli account Twitter come nel caso di Johnson & Johnson (J&J BTW, Kilmer House, ADHD Moms, Twitter), GlaxoSmithKline (@GSKUS), Novartis (Facebook e Twitter), AstraZenecaUS (Symbicort YouTube Channel), Roche (@Roche_com), Boehringer Ingelheim (@Boehringer e Facebook).

Aldilà degli esempi, cosa sta succedendo davvero nel settore la diffusione dei social media e quale ruolo possono giocare le aziende farmaceutiche?

Tra i tantissimi report, alcune risposte non banali vengono dalle ricerche di EPG Health Media del 2010:

  • Le aziende farmaceutiche sono più attive nei social media (78%) di medici (53%) o pazienti (58%). La loro voglia di utilizzare i social media per raggiungere ed influenzare l’intero ecosistema della salute non è però corrisposta.
  • Medici ed operatori sanitari vogliono infatti interagire soprattutto tra di loro, molto meno con i pazienti e le case farmaceutiche
  • Anche ai pazienti preme di più avere accesso ai medici che parlare con le aziende o altri pazienti. Benché il 65% dei medici ed il 70% dei pazienti affermi che sia importante impiegare i social media per entrare in contatto, ciò avviene raramente per la mancanza di canali adatti

  • Pur crescendo l’utilizzo di Internet da parte degli operatori, pubblicazioni (98%), conferenze (95%) e colleghi (97%) influenzano i medici più dei social media
  • Anche se Internet rappresenta la prima fonte di informazione per i  pazienti, il livello di fiducia verso le conversazioni online è il più basso tra tutti i media (0% fiducia completa, 19% un buon livello di fiducia, con il 37.8% verso i propri amici)

Conclusioni

I social media fanno paura in un ambito regolamentato come il farmaceutico per alcune ottime ragioni: gestione di eventi avversi, rispetto del fair balance, discussioni sull’uso off-label dei farmaci, perdita di controllo e danneggiamento della reputazione del brand, regole non chiare (l’FDA americana deve ancora emettere le linee guida che sono invece appena state rilasciate in UK).

Aldilà dei molti punti da gestire con attenzione, è però un dato di fatto che più della metà (51%) delle aziende del settore già includa il web 2.0 nel marketing mix, seppur dedicando quasi sempre meno del 5% del budget disponibile. Nel 2011 questo budget è destinato a crescere nel 57% dei casi e i numeri saranno ancora più alti una volta emesse le linee guida anche in altri paesi.

Se i social media nel Pharma non sono destinati a sparire, tanto vale capire come capitalizzare al meglio investimenti ed impegno. Per far questo le aziende farmaceutiche devono partire da quanto segue:

  • I pazienti hanno il controllo, non le aziende farmaceutiche. Le regole sono cambiate dato che nei social media sono le persone a dettare le condizioni in cui lo scambio avviene. Le farmaceutiche non possono costringere medici e pazienti ad interagire con loro, né possono controllare chi partecipa alle conversazioni online, i temi di questi scambi o i canali in cui avvengono
  • Le cause farmaceutiche possono però fare la differenza facilitando conversazioni. Rinunciando al controllo, le aziende del farmaco possono creare e coltivare nuovi canali in cui pazienti e pazienti, medici e medici, ma soprattutto pazienti e medici si confrontano.
  • Aggiungere fiducia. Aldilà della creazione di nuovi canali, il settore Pharma ha la responsabilità ed opportunità di porsi come intermediatore fidato, capace di arricchire le conversazioni con informazioni attendibili perché basate in modo trasparente sulla ricerca. Questo bisogno è molto sentito online e restituirebbe ai produttori il rispetto da parte dei pazienti
  • Un nuovo modo di promuovere il prodotto. Influenzare acquisti e prescrizioni è ancora possibile, ma in modo più sofisticato. Come sta già succedendo nel B2B, dato il drammatico calo di fiducia dei consumatori verso le aziende, ciò che più in generale pazienti ed operatori chiedono alle multinazionali del Pharma è il rendersi utili dando un contributo decisivo nel miglioramento della pratica medica e nella qualità della vita dei malati.

Vista la possibilità esistente in Italia di utilizzare la pubblicità solamente per i farmaci da banco (OTC), ma non per quelli con obbligo di prescrizione medica (farmaco etico) o senza obbligo di prescrizione (SOP), quali sono i casi più interessanti di utilizzo del social nel farmaceutico del nostro paese?

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    Emanuele Quintarelli

    Entrepreneur and Org Emergineer at Cocoon Projects | Associate Partner at Peoplerise | LSP and Holacracy Facilitator