Negli ultimi tempi, ho più volte avuto modo di discutere l’affidabilità e le capacità di previsione dei report di Forrester e Gartner. Molti dei loro lavori sono certamente basati su semplici interviste o surveys e quindi unicamente sul tentativo di registrare lo stato dell’arte o al più le intenzioni di acquisto dei senior executive delle grandi aziende.
Come mi suggeriva Thomas Vander Wal, questo approccio ha probabilmente l’effetto collaterale di limitare una riflessione più profonda ed ambiziosa sulle modalità di introduzione (specialmente dal punto di vista umano) degli strumenti, non aiutando poi molto il management ad immaginare in modo autonomo, originale, critico e specifico le vie migliori di deployment dell’Enterprise 2.0 nella propria realtà culturale, economica e tecnologica. Come dire che lanciare iniziative di successo richiede innanzitutto una esperienza reale sul campo, unita ad una comprensione profonda del contesto in cui si opera.
Dal canto mio, benchè le esperienze di altre aziende, operanti in paesi e realtà socio-economiche spesso diverse, non rappresentino certamente l’unico modo di valutare i rischi ed i benefici dell’innovazione, sono lo stesso convinto che queste informazioni rimangano di vitale importanza nelle fasi iniziali di diffusione delle nuove tecnologie. Essere a conoscenza di quanto fatto e dichiarato da altri, ci da comunque una visione d’insieme più chiara, un’indicazione di massima che permette di ragionare più serenamente sul proprio caso specifico. Proprio questa è la ragione essenziale per cui continuo con piacere a studiare e discutere con voi i lavori di Forrester e Gartner.
A tal proposito, è di pochi giorni fa la pubblicazione dello studio di Mark Raskino intitolato “In 2008, Enterprise 2.0 Goes Mainstream“. Oltre a riproporre un pò la solita disamina del significato di Enterprise 2.0, il paper ha il merito di presentare un interessante modello decisionale di posizionamento della propria azienda nei confronti di questa nuova ondata di cambiamento.
Dopo un primo anno di attesa e di sperimentazioni grass root innanzitutto all’interno di IT e media company, Gatner si attende che l’Enterprise 2.0 ricorra più sistematicamente in questo 2008 anche in tutti gli altri settori. L’hype del 2007 ha permesso di superare lo scetticismo iniziale tipico dell’introduzione di ogni innovazione IT-enabled portandoci i primi case studies di rilievo (un post su questo tema a breve) ed incoraggiando una seconda fase di pacchettizzazione (IBM con Lotus Connections, BEA con AquaLogic, Microsoft con Sharepoint 2007, Popfly e la partnership con Atlassian) e di riflessione sugli impatti di business. Il passaggio verso offerte complete di livello enterprise, con tanto di SLA (Service Level Agreement), sicurezza, scalabilità e case studies è il sintomo di un mercato che matura, interessando ormai fino all’85% delle aziende di grandi dimensioni come suggerito dallo studio “Serious Business: Web 2.0 Goes Corporate ” dell’Economist Intelligence Unit dell’Aprile 2007.
Quest’ondata di cambiamento colpisce innanzitutto la cultura aziendale ed i metodi di business dell’azienda e potrebbe quindi rivelarsi più rivoluzionaria dello stesso avvento del web. Anche da noi, ne sono convinte il 60% delle corporations più aggressive in termini di innovazione come indicato dallo studio di Gartner “Web 2.0 Expectations Are High in Europe“.
Mentre il web prima maniera ha avuto impatti innazitutto sulle modalità operative (efficienza degli ordini, acquisti, canali di distribuzione, funzioni amministrative e HR), l’Enterprise 2.0 stravolge un layer di ordine superiore dell’azienda, quello preposto all’innovazione e al rinnovamento. L’Enterprise 2.0 si distingue cioè per la fortissima spinta verso il cambiamento in termini di cocreazione, ascolto delle esigenze dei clienti, miglioramento del customer service, capitalizzazione delle conoscenza interna ed esterna mirata alla peer production ed al crowdsourcing, aumento della flessibilità ed adozione di strutture di collaborazione più dinamiche (team collaboration, social networking, mashups).
Se il meccanismo ha iniziato girare e tutto sembra indicare uno spostamento ancora più consistente e radicale nel 2008, diventa fondamentale interrogarsi su quale debba essere il ruolo e l’approccio della propria azienda in relazione alle sfide dell’Enterprise 2.0. Muoversi ora o attendere? Quale strategia adottare?
La risposta a simili domande deve variare ovviamente in base alle caratteristiche culturali e tecnologiche della propria realtà, come indicato dal diagramma seguente (adattato da un analago diagramma di Gartner)
Posizionarsi sull’asse verticale significa valutare le competenze tecniche e la propensione alla novità del proprio dipartimento di IT. Benchè molti servizi sia ormai disponibili in modalità Saas (software as a service), la maggior parte degli utilizzi professionali richiedono al momento un deploy ed un mantenimento all’interno della propria intranet dei tool. Questo richiede ovviamente competenze diversificate ed aggiornate che non tutte le realtà possiedono.
Il posizionamento sull’asse orizzontale richiede un’analisi sulla predisposizione ai cambiamenti dell’azienda, se possibile tenendo conto del comportamento della stessa negli ultimi anni in termini di flessibilità, trasparenza, apertura verso l’esterno, approccio internazionale, interesse verso le novità e capacità di integrare risorse appartenenti a generazioni diverse.
Se si può vantare al contempo ottime competenze tecnologiche e una solida cultura dell’innovazione, è il momento di lanciarsi nell’innovazione, usando il proprio background per addentrarsi in un terreno ancora privo di linee guida chiare, ma capace di garantire un forte vantaggio competitivo in caso di successo.
Qualora l’azienda sia lanciata verso il nuovo, ma non possegga sufficiente potenziale tecnologico è invece bene aspettare qualche anno, finchè il mercato non sarà in grado di proporre pacchetti coerenti e maturi, pronti da essere adottati con un rischio ridotto.
Se ancora la tecnologia non è un problema, ma la predisposizione ad innovare si, è forse meglio attendere dimostrazioni rivelatrici, capaci di mostrare clamorosamente come sia venuto il momento di provare qualcosa di nuovo. In questa fase di attesa si può certamente iniziare un’attività di evangelizzazione e stimolazione interna che metta in grado i dipendenti di cogliere le nuove opportunità in un prossimo futuro.
Infine, senza competenze tecnologiche specifiche e senza cultura dell’innovazione, è più opportuno rimanere in una posizione d’attesa, continuando però a studiare ed analizzare i segnali provenienti dal mondo esterno e coinvolgendo il top management in questa attività.
Ciò che invece sembra ormai chiaro è che i ritorni dell’Enterprise 2.0 possono essere ottenuti solamente a condizione di assorbire un rovesciamento delle fonti di potere, autorità e controllo. Insomma il futuro sembra sempre più sfidante, ma innanzitutto su un piano culturale.